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Il 20 novembre del 1977 è una domenica. Madre Raffaelina Borruto è in chiesa per la S. Messa. Dopo la comunione sta, come al solito, nel “suo" terzo banco di sinistra e, come lei stessa racconta in quel suo "diario dell'anima" che è "La breve storia di un amore immenso”, in quel momento "Non penso a nulla, né prego". All'improvviso sente poggiarsi sulle sue spalle due manine, come in una lieve carezza. Poi risuona una voce, la voce che lei ben conosce, avendola più volte udita nel corso degli anni della sua vita; e la voce dice:
Con grande sorpresa e profondo stupore le si presenta uno spettacolo ineffabile. Dal fondo lontano, sconfinato, vede entrare un'enorme quantità di greggi che si susseguono. In un momento in cui la luce si fa più chiara, mentre sempre è pervasa da grande timore, cerca di penetrare con lo sguardo questo spazio sconfinato e riesce a vedere il volto di una donna. Si fa più forte lo sgomento ed in questo smarrimento invoca il "suo" Bambinello, chiedendo aiuto. E si sforza ancora di guardare. Ora vede quasi per intero la figura della donna e vede la fascia che la cinge. Belle sono le sue sembianze. Ormai è certa, ormai l’ha riconosciuta! E le labbra le si muovono da sole, automaticamente, quasi senza che lei nemmeno se ne accorga. Si muovono per formulare un'invocazione, quasi balbettano quando tutta tremante dice: "Mia bella Signora!". Ora è sicura, Madre Raffaelina, è proprio sicura: la bella Signora ha il manto azzurro. È la Madonna! È proprio Lei a condurre le greggi, dal suo petto rifulge la luce! Nell’enorme stupore che la invade, vede le pecore avanzare, caute, piano, come se stessero per raggiungere il proprio rifugio. Enorme è il loro numero. Quelle che sono a capo della fila si fermano davanti ad una Croce Misteriosa, sorta a fianco dell'altare; all'angolo sinistro dell'altare. A questo punto c'è un solo segno familiare che ricollega Madre Raffaelina all'ambiente ben conosciuto della sua chiesa: è la lampada, con la sua raggiera dorata e la fiammella rossa sempre accesa, che sta accanto all'altare. Innumerevoli le pecorelle, arrivate alla meta, si accingono al riposo. Una sensazione di mistero infinito, una "serenità nuova", una "tenerezza che non so ridire, una dolcezza mai gustata" accompagnano la visione di questa scena prodigiosa che appare come assolutamente reale. L’emozione è così profonda che calde lacrime le sgorgano dagli occhi. Ora vede chiaramente che a destra della Croce Misteriosa sta Maria, in candide vesti e con il manto azzurro ed, intanto, viene tutta pervasa da una serenità "che non è della terra". Ed ecco apparire Gesù Bambino. “Con passo lieve, si presenta pieno di maestà celeste. Poggia il piede nell'interno della Croce, come se vi fosse il vuoto" . La croce appare come scavata, quasi come una nicchia poco profonda. E adesso vede un tappeto immenso, con delicate sfumature che sembrano tracciate con tocco leggero da una mano gentile. È un manto latteo che sembra ricoprire tutto lo spazio fino ad un lontanissimo orizzonte. Il Bambino Gesù "con una dolce movenza che io non so spiegare” pone il Mondo nelle mani di Maria. Ed ecco che nel centro di una manina di Gesù Bambino appare un disco luminoso, argenteo . Nell'interno del disco brilla un triangolo perfetto e nel centro di questo appare un'Ostia rosseggiante, mentre nei triangoli sono scolpite tre lettere: S D U. Sorge in Madre Raffaelina l'ardente desiderio di capirne il significato. Vorrebbe domandare, ma non osa. Apre le labbra ma non riesce a pronunciare parola. Si accorge allora che la Bella Signora la previene. Accennando alle tre lettere, una per una, con accento pieno di amore dice:
Ma ora i suoi occhi sono attratti dal Santo Bambino. Ora, in ognuna delle due manine brilla un disco argenteo i cui raggi luminosi si diffondono tutto intorno. In quello tenuto nella mano destra vede il disegno della Croce nella quale è l'immagine di Gesù Bambino, proprio come la statua che è sull'altare. Nel disco tenuto nella mano sinistra vede, ancora una volta, il disegno visto prima: il triangolo con le tre lettere S D U ed avente al centro la figura circolare rosseggiante. I due dischi emanano una luce molto forte. Non si possono fissare a lungo, così come non si può fissare a lungo il sole. E dolcemente Gesù dice:
Dopo quest'ultima manifestazione piglia coraggio e dà l'incarico di realizzare la medaglia alla ditta Colombo di Milano. Il progetto viene realizzato dai disegnatori della ditta in base alle indicazioni di Madre Raffaelina, cui si sono aggiunte, onde arricchirla di significati, quelle dell'Assistente Spirituale, Padre Ermenegildo Frascadore, che suggerisce di mettere anche i simboli eucaristici del grano e dell'uva e l'immagine della cupola di S. Pietro, a simboleggiare la Chiesa Universale, con la scritta sottostante, Benevento, per ricordare la città natale della medaglia. Il 9 marzo del 1979, a nome della ditta, il sig. Bruno Mornato invia le foto dei bozzetti e comunica che "La lavorazione delle medaglie prosegue in maniera sollecita e scrupolosa” e che "quindi quanto prima sarò in grado di comunicarLe l'avvenuta realizzazione di tanto attesa opera". In quel "tanto attesa" si legge chiaramente da quanta accorata premura fosse stata accompagnata la richiesta di questo lavoro e quanta ansia ci fosse nell'attesa di vederlo ben realizzato.
Ritornano sulla medaglia gli elementi fondamentali mostrati nella visione (ricordiamo che nella manina destra era mostrata la faccia con la Croce in cui è Gesù Bambino mentre nella manina sinistra era mostrata l'altra faccia, quella con il triangolo recante, negli angoli, le tre lettere S D U ed, al centro, il disco rosseggiante). Nella prima faccia, infatti è rappresentata la Croce, nella quale è Gesù Bambino. Sono stati aggiunti altri simboli: quello di Dio Padre (triangolo con l'occhio), quello dello Spirito Santo (la colomba) ed i simboli eucaristici del grano e dell'uva. La scritta “Io mi chiamo Gesù" ricorda, invece, la Voce udita da Madre Raffaelina in chiesa, la mattina del 20 novembre 1977. Nella seconda faccia ritroviamo il Triangolo con le tre lettere S D U (Salvatore dell'Uomo) e con, al centro, il disco rosseggiante. Ma volendo qui ricordare anche un altro momento della visione (quando la S. Vergine è vicino alla Croce Misteriosa ed ai suoi piedi si raccolgono tutti i popoli della Terra) è raffigurata Maria che presenta il Triangolo a tutte le genti, simboleggiate da quattro volti di razze diverse. Nel retro della Croce, poi, è inciso il ricordo della Sua Divina Maternità. Arricchita di tutti gli altri simboli, la medaglia, serbando tutti gli elementi mostrati nella visione, diventa anche l'immagine di una Professione di Fede. Pubblico qui la lettura della medaglia stessa fatta dal Rev.issimo Padre Ermenegildo Frascadore:
La medaglia viene coniata in alpacca e in due formati. Alla ditta Colombo ne sono, in un secondo momento, commissionati alcuni esemplari in oro, per poterli offrire al Santo Padre. Il 25 agosto 1983 padre Ermenegildo Frascadore, dopo una concelebrazione con il Papa, nella cappellina privata di Castelgandolfo, dona a Sua Santità Giovanni Paolo II la medaglia dedicata a Gesù Salvatore dell’Uomo. Tempo dopo, il 7 aprile 1990, immediatamente prima della partenza di Papa Giovanni Paolo II per il viaggio trionfale a Praga, il Rettore del Collegio Nepomuceno di Roma Mons. Carlo Vrana incontra il Santo Padre e gli parla delle medaglie chiedendogli anche di benedirne alcune. Il Papa ribatte: “Fate bene. È proprio necessario che Gesù Bambino regni di nuovo a Praga e in tutto il mondo”.
Nel 1980, come meta di pellegrinaggio annuale dell’Associazione del S. Bambino di Praga, viene scelta la Terra Santa. Madre Raffaelina è perplessa e combattuta sulla possibilità di andare per via dell’età e della necessaria autorizzazione, difficilmente ottenibile, da parte della Provinciale dell’Ordine, Madre Teresina Ninni. Ma nella notte del 2 gennaio 1980 la Voce le ordina: “Alzati e scrivi a Madre Teresina”. Raffaelina ubbidisce e scrive, dice, “come se qualcuno mi dettasse”. Fatto sta che il 6 gennaio ottiene l’agognato permesso. Il 29 marzo, la sera prima della partenza per la Terra Santa, viene svegliata insistentemente dalla Voce che la chiama. Guarda l’orologio: sono le 0,21. Si riaddormenta, ma la Voce risuona più forte e le dice:
Allora Madre Raffaelina si alza e, frugando tra i cassetti, trova un laccio lasciato dalla materassaia pochi giorni prima. La misura è di 3 metri e 18. Lo taglia e infila le 33 medaglie che dovranno essere fatte scorrere tra le onde del Lago di Tiberiade e riportate a Benevento, come le è stato comandato.
Prepara poi a parte l’altro gruppo di 33 medaglie, che dovranno invece essere lasciate nelle rocce dei vari luoghi visitati e nelle acque del Giordano e del Tiberiade, come prescritto da Gesù. Il 3 aprile, Giovedì Santo, i pellegrini si recano al Santo Cenacolo di Gerusalemme. La piccola Madre Raffaelina, immersa nella folla, viene separata da Padre Ermenegildo. Ha nel cuore un desiderio: portare con sé a casa un pezzettino della parete del luogo santo. Ma attorno a lei le mura sono solo di pietra liscia ed uniforme. Vorrebbe chiedere l’aiuto del sacerdote, ma è ormai troppo lontano. Un ansioso dispiacere la pervade. Nel frattempo Padre Ermenegildo va cercando una fessura del muro nella quale possa lasciare una delle 33 medaglie, come dettato da Gesù a Raffaelina. Finalmente trova un buco. Mentre sta per inserire la medaglia sente con la mano che una piccola scheggia di pietra si stacca dal muro.
Premurosamente la raccoglie e la conserva. Alla fine della funzione all’interno del Cenacolo, i pellegrini si mettono in posa per una foto. Padre Ermenegildo è a fianco a Madre Raffaelina. Silenziosamente le pone nella mano la piccola pietra. “È la pietra del Cenacolo!” dice. Gli occhi della suora brillano di gioia. Il pellegrinaggio dura tutta la settimana di Pasqua e la pietra viaggia sempre addosso alla Madre. Al ritorno, ella ci incolla sopra una strisciolina di carta con sopra scritto “S. Cenacolo” e vi aggiunge una crocetta rossa. A Benevento la pietra è ancora sempre con lei, poggiata sulla sua piccola scrivania nell’Archivio di Gesù Bambino. Attira spesso la sua attenzione, quasi fosse magnetica. Una mattina le sembra che la pietra sia molto luminosa, come se emanasse luce propria. Allora la fissa da vicino con attenzione e vi scruta, come dirà poi, “un viso piccino piccino”. Una sera sottopone, senza dare suggerimenti, la pietra al dott. Valerio Gramignazzi Serrone per studiarne la piccola superficie.
L’ingegnere, ingrandito il tutto, al culmine di alcuni mesi di entusiasmante lavoro ricco di sorprese, si ritrova davanti ad uno scenario assurdo: sulla piccola pietra sono presenti vari gruppi di minuscole figure scolpite da mano non umana che vanno a formare diverse scene con coerenza straordinaria. Soltanto per citarne alcune, ecco il Bambino che brandendo la Croce ricaccia verso il basso il Drago con le fauci spalancate e la lingua di fuori. E ancora, un profilo di adulto compatibile con la Sindone di Torino. E ancora, il Bambinello in fasce con le braccia spalancate che porta un crocifisso sul petto, posto al centro circondato da precisi volti atterriti ed attoniti.